Claude Monet




A Roma fino al 28 luglio 2024, presso il Museo Storico della Fanteria a Piazza Santa Croce in Gerusalemme 7, sarà presente la straordinaria mostra "Impressionismo - L'alba dell'età modernità", focalizzata sugli artisti che hanno contribuito al movimento impressionista, tra cui i celebri Renoir, Manet e Monet.


In occasione della mostra vorrei parlavi di questa corrente artistica che ho sempre amato e in modo particolare di Claude Monet.


Per ammirare i suoi capolavori bisogna arrivare a Parigi, al Museo d’Orsay, oppure recarsi nei pressi del Bois de Boulogne dove sorge il Museo Marmottan che possiede la più vasta collezione delle opere del celebre pittore impressionista.

Per godere della vista delle sue amate ninfe occorre poi andare al giardino della Tuileries, al Museo dell’Orangerie, dove nelle bianche sale ovali, costruite seguendo le indicazioni di Monet, risplendono le sue più famose opere. Infine a soli 45 minuti di treno da Parigi si può arrivare alla sua casa museo di Giverny, una cittadina sulla riva destra del fiume Senna, in Normandia. Qui Monet visse con la sua famiglia dal 1883 al 1926, anno della sua morte. In questo luogo che si può definire incantato, Monet trascorreva le sue giornate dipingendo molte delle sue più celebri tele e coltivò la sua passione continuando la incessante ricerca di effetti ricchi di colore e luce.

A circa 100 metri di distanza dalla sua casa rosa e verde si trova il Museo dell’Impressionismo di Giverny che ospita una collezione di tanti autori francesi e stranieri appartenenti a più filoni del movimento Impressionista.


Tutto questo percorso alla ricerca delle opere del grande Monet è però un po' difficile da attuare.

Fortunatamente in Italia sono state già allestite diverse mostre, come a Milano e Genova, dove poter ammirare alcune delle sue opere.

La mostra di Monet che, con un piacere immenso ho potuto vedere io, è stata ospitata dal 19 ottobre 2017 all’11 febbraio 2018 nella sede del Complesso del Vittoriano – Ala Brasini di Roma e ha proposto al pubblico sessanta opere del padre dell’Impressionismo provenienti dal Museo Marmottan Monet di Parigi, che l’artista conservava nella sua ultima dimora di Giverny e che il figlio Michel donò al Museo. 


Davanti alle sue opere mi sono veramente commossa e non nascondo di aver pensato alle atmosfere di alcuni fondali dei più famosi anime, primo fra tutti proprio Il Giardino delle Parole di Makoto Shinkai.



Da sempre definito il pittore che dipingeva en plein air, cioè “all’aria aperta”, Monet concentrò il suo lavoro sullo studio degli effetti della luce sull’acqua, sul gioco delle ombre e dei colori del paesaggio.

 

Sicuramente su di lui influì molto la cultura giapponese che, a partire dagli anni Sessanta dell’Ottocento, a Parigi e in tutta la Francia, ebbe una forte diffusione. Monet fu affascinato dalla particolare filosofia di vita che arrivava dal Sol Levante e che univa la visione della natura alla propria spiritualità.

Il suo giardino di Giverny esprime proprio questo: per il suo laghetto fece arrivare i semi delle ninfee dal Giappone, sulle sponde coltivò delle piante esotiche, fece piantare dei salici piangenti e costruire un ponte in stile giapponese, tutto per il piacere di meditare ammirando le bellezze e i colori della natura.


 

Le ninfee poi rappresentarono per lui icone di un pensiero che andava oltre il dipinto, quella visione astratta della natura che divenne il manifesto dell’Impressionismo e di cui Monet fu il fondatore.

L’artista scrisse nel 1912:

«No, non sono un grande pittore. Grande poeta nemmeno.

Io so solamente che faccio quanto è nelle mie possibilità per rendere ciò che provo davanti alla natura e che più spesso, per arrivare a rendere ciò che sento, dimentico le regole più elementari della pittura».

A rievocare Monet nella mostra del Vittoriano, oltre alle sue opere, erano esposti i suoi occhiali tondi con le lenti ambrate di giallo, la pipa e la tavolozza con i colori che sembrano essere lì da poco, come se l’artista li avesse lasciati così, per ricordare forse che dietro tutta quell’eterea bellezza dipinta c’è una figura umana.



Dipinte in piena luce solare, con la nebbia o con la pioggia fitta, i soggetti delle sue tele spiccano tra tutte le varianti atmosferiche attraverso pennellate spontanee che li rendono astratti ma allo stesso tempo carichi di energia, tanto da abbagliare con i loro colori e donare un senso di bellezza e serenità.

E proprio davanti a queste sensazioni non si può far altro che riflettere e condividere le parole dello stesso Monet:

«Tutti discutono la mia arte e affermano di comprenderla, come se fosse necessario comprendere, quando invece basterebbe amare». 

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